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Critica    
 
ANDREA DIPRÈ

Brigitta Rossetti è artista e poetessa piena di idee, una impareggiabile inventrice per sé e per gli altri, che mi viene spontaneo immaginare solitaria in una vasta campagna ricoperta di neve, incamminata per la collina su cui è posta la sua arca, un luogo caldo in cui riposarsi, rifugiarsi, continuare a dipingere i sogni, popolati di figure alate che volano verso mondi lontani; sopra una terra inaridita, pietrificata, marmorizzata.

Ora, uno dei compiti dell'arte di Brigitta Rossetti è di rappresentare non ciò che è fuori o oltre la realtà, ma ciò che della realtà è sopito dentro di noi. Un fantasma, un desiderio, un attimo di felicità o di terrore, una gioia, un tormento. Io vedo la Rossetti come un Mirò festoso, la vedo attenta ai desideri e alle gioie, con quel suo tocco impalpabile e liquido, così provvista di una inclinazione alla favola, come territorio sicuro, di fuga, ma senza neppure troppe illusioni.

Vedo nelle sue opere un mondo che trova in se stesso le proprie ragioni, senza dover illustrare nulla. Ciò che mi stupisce in questa artista sublime è che le sue storie non sono storie come se non ci fosse un testo da illustrare, un racconto, ma l'ordine del discorso figurativo sembra alludere a un testo, a una nota e riconoscibile vicenda. Non c'è; c'è l'immaginazione pura chiamata a costruire episodi che alludono a un racconto.

Non c'è il sogno, in Rossetti, ma l'invenzione del sogno, e questo la fa appartata e naturalmente nuova anche rispetto ai maestri cui ella ha più guardato. Come se pensasse ai suoi dipinti come fossero illustrazioni per un ipotetico calendario dei sogni, un personaggio per ogni notte e una notte per ogni personaggio. Sogni mai realizzati, forse anche mai sognati. E dipingendo si racconta sempre qualcosa. E il racconto le nasce sotto la mano, man mano che dipinge.

Sul percorso del racconto si imbatte in elementi di riferimento che fissa e poi va oltre sviluppando. Ma per salvare la magia e la tensione del racconto lascia sempre allo spettatore la possibilità di integrare a suo modo gli elementi che gli presenta. Brigitta Rossetti ha perfettamente inteso che l'arte può limitarsi a suggerire, e talvolta crescere sul già espresso. Ciò che in altri diventa allegoria, in lei è quotidianità. Non c'è simbolismo nei sogni.

C'è un mondo parallelo, perfettamente scambiabile con il nostro. E se è impossibile dare la chiave dei propri sogni, è possibile, attraverso costanti rappresentative, darne almeno uno spiraglio. Noi siamo chiamati a guardare attraverso questo spiraglio, e vediamo in rapida successione alcuni fotogrammi che, nei diversi temi, si ripetono nel carattere, nel taglio dello spazio, come un fondale di scena fisso.

Emergono apparenze riconoscibili come memorie oniriche e quasi musicali di un viaggio compiuto dentro la memoria di viaggi, in un procedimento freudiano applicato alla pittura. Quello di Brigitta Rossetti è un viaggio verso qualunque Oriente: un "dentro" che è dentro la pittura. Nulla di descrittivo, di aneddotico, in lei, che punta comunque a rappresentare le essenze.

E se queste continuamente sfuggono, la pittura continuamente le insegue, spostandosi all'infinito e spostando, di conseguenza, l'immagine.


Andrea Diprè Critico d'Arte e conduttore televisivo


 
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